L'anno dell'invasione a Vittorio

La ritirata dal fronte isontino

Il 24 ottobre 1917 alle ore 2:00 di una notte piovosa iniziava quella che sarebbe passata alla storia come la disfatta di Caporetto. I primi di novembre sul fronte orientale l’esercito italiano veniva costretto a ripiegare fino al Tagliamento e poi al Piave, dove finalmente il nemico venne fermato.

Gli italiani si erano ritirati frettolosamente e gli austro-tedeschi erano avanzati occupando via via le terre del Nord Est corrispondenti alle attuali provincie di Udine, Belluno e Pordenone e alla parte orientale delle provincie di Venezia e Treviso.

Nel frattempo, i civili residenti che avevano avuto l’opportunità - prevalentemente i membri delle classi dirigenti, gli amministratori, le famiglie benestanti - si erano rifugiati in altre parti d’Italia, e ad accogliere il nemico in queste terre invase era rimasta la parte più debole della popolazione, formata per lo più da donne, vecchi, bambini e dai religiosi.

“L’avanzata nemica mi dà l’idea di un immenso funerale che procede in silenzio” così Mons. Emilio Di Ceva descriveva nel suo diario quel fatidico evento.

Vittorio occupata

8 NOVEMBRE 1917 – 30 OTTOBRE 1918

Alle ore 11:00 di giovedì 8 novembre 1917 “facce smunte e macilenti”, come descriveva Bianca Brustolon nel suo diario, entrarono a Vittorio. Arrivarono da San Giacomo di Veglia accompagnati da una squadriglia di aerei con impressa una grande croce nera sulle ali.

“Eppure erano attesi, sapevamo che non era possibile sfuggire alla ineluttabilità del fato, ma altro è essere in attesa altro è trovarci di fronte ad una cosa attesa!” Con queste parole Francesco Sartori colse i sentimenti comuni di smarrimento, sconforto e paura del popolo intimorito dall’arrivo del nemico. Fuori da molti edifici erano state addirittura esposte bandiere bianche in segno di totale resa.

I primi ad arrivare furono, a gruppi, i soldati semplici, con le facce sconvolte dalla violenza degli eventi, consumati dalle fatiche delle battaglie e attanagliati dalla fame. Iniziarono a fare razzie ovunque penetrando forzatamente nelle case e derubando la gente di tutto ciò che trovavano.

I graduati e gli ufficiali giunsero solo nel pomeriggio, e incontrarono una delegazione cittadina tra cui il Vescovo Mons. Eugenio Beccegato e l’ing. Francesco Trojer al quale fu subito affidato l’incarico di Sindaco.  Ma il loro arrivo non fermò le scorrerie, che continuarono ad essere perpetrate senza controlli, e la città non ebbe altra scelta che assistere per giorni e giorni impotente allo scempio. Da quel momento per un anno intero avrebbe dovuto subire soprusi e angherie di ogni.

Vittorio era all’epoca una città con servizi, spazi ed edifici importanti. C’erano la ferrovia e il servizio postale, aveva ospedali, alberghi, stabilimenti, ville e palazzi. Aveva quindi tutto quanto utile per ospitare gli apparati logistico-militari dell’esercito austro-tedesco che doveva riorganizzarsi sul nuovo fronte di guerra.

Fu scelta quindi, anche per la sua posizione, come sede dei Comandi Supremi, prima della 14^ Armata austro tedesca e poi, da gennaio 1918, della 6^ Armata austro-ungarica.

I palazzi più prestigiosi  furono destinati alle attività amministrative e logistiche: Villa Costantini-Papadopoli fu riservata al Comando della 14^ Armata austro-tedesca; Villa Pasqualis, in via Lioni, ospitò dal gennaio 1918 il Comando Austro-Ungarico della 6^ Armata; a Palazzo Lucheshi-Czarnocki si insediò il Comando di tappa; il Municipio accolse il Tribunale Militare e via via molti altri edifici furono occupati per le diverse funzioni militari.

Cartina con l’indicazione degli edifici occupati

Una delle prime necessità fu l’assegnazione ai soldati e ufficiali di alloggi in diverse zone della città. Il Comando di Tappa stilava le liste con le assegnazioni dei locali e distribuiva ai singoli le cedole con i dati domiciliari. Tante furono in quell’anno le abitazioni civili utilizzate per fornire ospitalità all’esercito e molti furono i vittoriesi che si trovarono costretti a cedere le loro dimore o a convivere quotidianamente fianco a fianco con gli invasori.

Esempi di cedole con dati domiciliari
Villa Croze

Ai comandanti e agli ufficiali più alti in grado furono destinate le ville e i palazzi più eleganti e spaziosi: villa Croze, oggi  sede della Galleria Civica “Vittorio Emanuele II”, divenne alloggio per ufficiali. Il comandante della 6^ Armata austro-ungarica, l’arciduca Giuseppe d’Asburgo-Lorena, soggiornava invece a villa Matilde, che era stata fin da subito occupata dall’Alto Comando Austriaco.

villa Matilde Franceschini

Le infrastrutture

Villa Costantini sede del Genio Militare in una foto dell’epoca

L’intervento dell’esercito occupante fu volto a ripristinare quelle infrastrutture che gli avrebbero permesso di mantenere i contatti con la madrepatria e di organizzare l’attività militare.

Il Genio Militare, collocato a Villa Costantini, pianificò in tempi brevissimi, una serie di opere importanti indispensabili all’apparato bellico che vennero realizzate con la forza lavoro dei prigionieri di guerra e dei civili.

Ceneda – piazza della Cattedrale – Centrale telefonica

Nella piazza della Cattedrale di Ceneda venne fin da subito installata una centrale telefonica e telegrafica per le telecomunicazioni.

La linea ferroviaria austriaca a Sant’Andrea

Fu costruita, in tempi brevissimi, una nuova linea ferroviaria militare alternativa a quella esistente per avere un collegamento diretto, tramite la tratta Venezia-Udine,  con l’Impero. Fu perciò realizzata la nuova linea Vittorio-Sacile a completare il sistema dei trasporti ferroviari con la preesistente Vittorio-Conegliano e con la ferrovia a scartamento ridotto che arrivava fino a Pieve di Soligo.

Aereocampo a San Giacomo di Veglia

Un’altra infrastruttura importante fu realizzata nel 1918 a San Giacomo di Veglia: un campo di aviazione che poteva contenere fino a 40 velivoli.

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