Il Museo e la sua storia

Il Museo della Battaglia nasce dall’iniziativa di un ragazzo del ’99, Luigi Marson, vittoriese. Arruolato nel 2° Granatieri, inizia a collezionare cimeli. Sul Piave raccoglie un rosario di un caduto ungherese.

Da qui ha inizio - secondo la sua testimonianza - la passione di una vita. Non è un collezionista, ma uno studioso, che attraverso oggetti e documenti cerca di ricostruire, prima di tutto per se stesso, l’evento bellico, al quale ha partecipato con spirito patriottico. Nel dopoguerra, allestisce una piccola raccolta a casa sua, in via Lioni.

Nel 1936 ha luogo una prima esposizione pubblica, per intervento della Società Dante Alighieri. Marson decide di donare il frutto del suo impegno alla città di Vittorio Veneto e l’amministrazione comunale allestisce la nuova sede museale nella sede del consiglio della comunità a Ceneda. L’impegno del privato e l’interesse municipale vengono sovrastati dalla volontà del governo fascista di esaltare la vittoria del 1918. Il 2 novembre 1938 si svolge la grandiosa cerimonia di inaugurazione del nuovo Museo della Battaglia. Sfilano le bandiere dei 538 reggimenti che avevano preso parte alla guerra.

Luigi Marson viene nominato direttore del Museo; carica che terrà fino alla morte nel 1952. Il Museo, dal 1938, viene così inserito nel quadro del processo di nazionalizzazione e di politicizzazione dell’evento bellico, che ha segnato altre istituzioni - come i musei “gemelli” di Rovereto e Gorizia. Il Museo della Battaglia, forse grazie alle piccole dimensioni, ha mantenuto però un carattere municipale e privato, in una peculiare commistione. Per lungo tempo al Museo sono pervenute donazioni, che ne hanno arricchito le raccolte. Il carattere celebrativo e retorico dell’allestimento del 1938 è stato gradualmente offuscato dal sovrapporsi di molteplici strati di reperti e donazioni.

Era però giunto il tempo di rivedere l’allestimento, tenendo conto del profondo cambiamento dei tempi e della nuova sensibilità di un pubblico che, per motivi generazionali, non ha più legami con l’esperienza dei combattenti o dei civili che avevano vissuto l’anno dell’invasione.