L'anno dell'invasione a Vittorio

La faticosa convivenza

Notificazione per assegnazione carte di legittimazione

Una moltitudine di costrizioni, proibizioni e imposizioni accompagnò la vita dei vittoriesi in quell’anno. I muri della città erano continuamente tappezzati da avvisi e disposizioni dei vari Comandi, spesso scritti in bilingue.

La popolazione, visse così il periodo dell’occupazione in costante tensione non solo per la consapevole vicinanza del nemico, per le difficili condizioni di vita ma anche a causa dei tanti obblighi e divieti imposti.

Il controllo serrato degli spostamenti della popolazione locale fu una delle necessità immediate degli occupanti poiché temevano che fra le persone potessero nascondersi spie e perché la presenza di civili nelle strade rischiava di intralciare le comunicazioni e i movimenti dei militari che avevano la priorità assoluta. Una delle prime misure adottate dagli Austro-Ungarici fu, dunque, quella di fornire, nel gennaio del 1918 tutti gli abitanti sopra i 16 anni, ridotti addirittura ad 11 nell’aprile dello stesso anno, di una specie di carta d’identità obbligatoria, la cosiddetta Ausweiskarte. Era un documento di legittimazione, rilasciata dal Comando di tappa, che permetteva di poter circolare liberamente a Vittorio: chi ne era sprovvisto veniva arrestato.

Ausweiskarte

Se l’Ausweiskarte consentiva la libera circolazione in città, per uscire dal proprio comune era invece necessario un altro lasciapassare il Verkehrsschein, o passaporto, che dava la possibilità di raggiungere altre località. Ma questo spostamento non avveniva facilmente perché il passaporto doveva essere controfirmato da tutti i Comandi di tappa che si attraversavano lungo il tragitto.

Ordine per la popolazione civile

I Comandi Supremi emanarono  in quell’anno numerosi altri ordini e disposizioni con i quali limitarono il normale vivere: applicarono il coprifuoco; vietarono ai vittoriesi di svolgere molte attività, anche quotidiane, come lo stendere i panni, il suonare le campane e l’accendere fuochi per la paura che potessero comunicare con i paesi non occupati; impedirono di incontrarsi in gruppi di più di quattro persone o di ospitare qualcuno in casa per evitare cospirazioni e ribellioni.

Notificazione inerente i piccioni viaggiatori

Inoltre ai cittadini vennero imposti diversi obblighi per mantenere in ordine la città e garantire il minimo sforzo agli occupanti come pulire la propria porzione di strada quotidianamente, seppellire tutti i corpi di animali deceduti o consegnare quanto abbandonato dai soldati partenti.

Tra gli avvisi più singolari, a dimostrazione di quanto fosse efficace e quindi temuta l’attività italiana di spionaggio, quelli riguardanti i piccioni con l’obbligo di sopprimere questi volatili e il divieto di aprire cestini, leggere il contenuto delle lettere, pena addirittura la morte.

In questa difficile convivenza la popolazione, insieme ai prigionieri di guerra, fu impegnata, con compensi quasi simbolici, in lavori di vario tipo per gli occupanti. In particolare le donne vennero utilizzate presso le lavanderie militari, come rammendatrici, cuoche, operaie in quelle poche attività produttive ancora attive e passate sotto il controllo straniero, come ad esempio gli stabilimenti bacologici.

Non solo: fu precettata manodopera che venne mandata a lavorare nei domini austro-ungarici e tedeschi, con la garanzia di vitto e viaggio fino al luogo di lavoro e la possibilità di inviare lettere e denaro ai familiari.

Soldati in osteria da Lollo a Cozzuolo

In queste drammatiche condizioni di vita, la presenza in città degli occupanti si faceva paradossalmente notare anche per gli svaghi e i divertimenti.  Nelle ville si tenevano spesso feste scandalose, le osterie ogni sera ospitavano avventori stranieri, venivano  programmati vari spettacoli di varietà e di cinema per  intrattenere i soldati, si svolgevano   giochi  anche all’aperto. Nonostante tutto, stranieri e popolazione necessariamente convivevano condividendo anche momenti “spensierati” come testimoniano molte fotografie che ritraggono  occupanti e cittadini sorridenti in posa per foto ricordo.

Gruppo di ufficiali ed infermiere
Gioco popolare austriaco simile all’albero della Cuccagna

Il terribile "an de la fan"

L’anno dell’occupazione è ricordato come il difficile “an de la fan”. Nei primi giorni di occupazione nemica, la città di Vittorio fu oggetto di frequenti ed impietosi saccheggi. Al loro arrivo, i soldati affamati si trovarono di fronte una città, grazie al buon raccolto del 1917, con scorte di viveri, grano, vino e bestiame a disposizione e inizialmente gli episodi di razzia e i furti furono perpetrati senza alcun controllo.  Quando i viveri dopo breve tempo iniziarono a scarseggiare, l’autorità straniera nell’interesse di tutti, occupanti e occupati, dovette gestire il problema dell’approvvigionamento dei generi di prima necessità: autorizzò  la Commissione vittoriese appositamente costituitasi Il 19 novembre 1917  all’istituzione di cucine popolari per sfamare la gente e dispose la regolamentazione delle requisizioni per cui il prelievo di beni non poteva avvenire in modo arbitrario, ma veniva permesso solamente con l’esibizione di un certificato rilasciato dal Comando di Tappa.

Ciascun possessore di beni passibili di requisizione doveva dichiararne il possesso alle autorità occupanti, sotto pena di pesanti provvedimenti punitivi. Coloro che poi subivano questo provvedimento ricevevano in cambio delle tessere annonarie, che davano diritto a una determinata quantità di cibo da richiedere agli spacci cittadini e stabilita in base al numero dei componenti della famiglia.

L’attuazione delle requisizioni fu affidata a due vittoriesi: Francesco Sartori e Mons. Bianchini, che erano sempre accompagnati da un paio di soldati. Passavano di casa in casa per censire e raccogliere beni.

Inizialmente furono recuperati i viveri di prima necessità ma via via con il tempo vennero ritirati materiali di ogni tipo.

Non solo cibo grano, vino, carne ed altre provviste, ma anche animali e oggetti, biancheria, materassi, ferro, rame e quanto ritenuto utile. Enorme risalto ebbe, in tutti i territori occupati, a maggio 1918, la requisizione delle campane per il riutilizzo militare del metallo, citata in quasi tutti i diari del periodo: un fatto scioccante per la popolazione colpita nella sua religiosità più profonda.

Ma le necessità erano tante. Tutto scarseggiava anche nell’Impero e ciò che veniva requisito non doveva bastare solo per l’intera popolazione, residente e occupante: una parte dei beni veniva inviata in Austria-Ungheria e Germania, in una madrepatria ormai ridotta alla fame per gli alti costi di guerra.

A fine maggio 1918 fu anche messa in circolazione la Carta Veneta, una moneta che aveva validità solo nei territori occupati italiani.

La propaganda al tempo dell'occupazione

Tutte le forze in campo utilizzarono la propaganda, diventata un vero e proprio strumento bellico durante la Grande Guerra, per comunicare, persuadere e diffondere informazioni utili alla propria causa.

Per la parte austro-ungarica i principali giornali in circolazione sul territorio occupato furono il Front e la Gazzetta del Veneto.

Il primo, stampato in tedesco e ungherese nella storica tipografia vittoriese Zoppelli, aveva lo scopo di intrattenere e motivare i soldati imperial-regi, forniva informazioni pratiche e occasioni di svago con racconti e fumetti.

Il secondo, scritto in italiano e stampato a Udine, si rivolgeva invece proprio alla popolazione civile occupata e forniva notizie e informazioni sull’andamento della guerra e dava anche la possibilità di pubblicare brevi inserzioni con cui cercare notizie di parenti e amici persi di vista nel caos dell’occupazione. La domenica veniva diffuso il supplemento a colori La Domenica della Gazzetta, che imitava la famosa “Domenica del Corriere” italiana.

Tipografia Zoppelli
Situata in via Lioni a Ceneda, qui si stampavano anche i numerosi manifesti con cui l’esercito occupante comunicava i propri ordini alla cittadinanza
Tipografia Zoppelli
Front
Il frontespizio di un numero della rivista è illustrato con una xilografia di gusto espressionista raffigurante Piazza Flaminio a Serravalle, animata da soldati e mezzi dell’esercito occupante
La Gazzetta del Veneto
Stampata a Udine in italiano e destinata ai civili, era la voce dell’occupante: la veste grafica dell’inserto settimanale La Domenica della Gazzetta richiamava volutamente “La Domenica del Corriere” per confondere il lettore

Da parte italiana, per sostenere il morale della popolazione, venivano diffusi in territorio occupato manifestini e volantini, che si richiamavano a temi identitari ed emozionali e incitavano a resistere e combattere per la propria patria. Questi materiali contenevano brevi messaggi, a volte scritti in maiuscolo, con poche parole che colpivano il lettore e spesso erano accompagnati da elementi tricolori. Frequenti erano anche gli inviti ai soldati avversari a disertare e ad abbandonare la guerra.

Volantino per i nemici

Le ricorrenze durante l'occupazione

Ci sono giorni che non sono come gli altri. Ci sono giorni che raccolgono in ventiquattro ore decenni di tradizioni e non sono solo un attimo di gioia ma si esprimono anche come un premio e una ricompensa per tutti coloro che hanno saputo attenderli con trepidanza e pazienza, sognando l’arrivo della loro magia nella grigia realtà quotidiana piena di ingiustizie, difficoltà e soprusi. Sono questi giorni che ridanno speranza, che, con le loro radici salde germogliate nella profondità di un lontano passato, beffano la mutevolezza delle cose e alleviano la spesso tragica natura dei cambiamenti. Sono delle sicurezze e degli appigli vitali per tutti coloro costretti a vivere l’occupazione straniera; momenti focali, in cui molte volte si alternano turbinosamente allegria e cordoglio.

Le testimonianze di queste giornate sono tutte ammantate da un velo di malinconia e costernazione e anche le festività si fanno più buie, pur mantenendo uno spirito primordiale di condivisone familiare, solidarietà civile e sincera religiosità.

Il ricordo delle festività tratto dai diari di alcuni cittadini.

Dal diario di Bianca Brustolon, la sensibilità profonda di una donna semplice:

Dicembre 1917
25  martedì

“Natale di sangue! Natale di lagrime! I nostri affetti lontani, nessuna cosa ci arride e conforta, poveri noi! Quanta malinconia, quanta tristezza!”

31 lunedì
“Sono stata alla S. Messa come l’ho fatto tutte le Domeniche, e nello stesso tempo a ringraziare il signore che tutti e tre godiamo buona salute, e ci lusinghiamo sia pure dei nostri lontani”

Marzo 1917
31 domenica

“Buona Pasqua! A tutti i miei cari lontani. S’io potessi dirvi state tranquilli noi bene, non sarebbe questo l’unico vostro e nostro desiderio?”

Dal diario di  Francesco Sartori

NATALE 1917
“E’ il quarto Natale di guerra; terzo per noi italiani.- Da troppo lungo tempo dura il flagello che strazia l’umanità….Per me questo Natale non ha serbato nulla della solennità che portano alle nostre anime codeste grandi ricorrenze.

Triste, triste! Niente che lo distinguesse dalle feste comuni a questo tristissimo periodo in cui viviamo… Son giorni che nel tempo presente riescono più dolorosi e pesanti!”

LUNEDI’ 31 DICEMBRE 1917

“L’anno del dolore sta per finire! Sì l’anno del dolore, perché troppe furono le disgrazie che mi straziarono l’anima durante il 1917. …Ah quanti tristi e dolorosi ricordi di quest’anno che muore! E in quali condizioni non ci trova l’anno che sorge! Millenovecentodiciotto! “

DOMENICA DI PASQUA 31 MARZO 1918

“LA Pasqua fu annunziata dallo scampanio lieto delle campane del Duomo…Fu un breve, brevissimo momento di letizia che ci recò la voce armoniosa che tanto ormai rimaneva muta!”

Dal Diario di Monsignor Emilio di Ceva:

25 Dicembre: NATALE
“Oh Mestissimo Natale! Cannone anche sta notte! Pax! Pax!....Natale! Io piangevo. Quando incominciai il <Gloria in Excelsis Deo> della prima messa provai un sentimento tutto nuovo: sentii un fremito, un nodo alla gola e piansi: <Et in terra pax!> ma non ci sono gli uomini di buona volontà! Mio Dio!”

31 Dicembre: lunedì
“Ore 4.30 pomeridiane, molta folla in Duomo per la funzione dell’ultima sera dell’anno. Il Vescovo parlò dalla balaustra dei benefici ricevuti, della guerra come croce ….invocò da Gesù benedizioni, conforti, la pace”

31 Marzo: SANTA PASQUA
“Alle ore 8 ¼ squillano per la prima volta le campane della Cattedrale; non può la penna esprimere le emozioni, i pensieri, le impressioni – Bellè ha risposto alla lettera autorizzante il suono delle campane”

Vittorio liberata

Targa con il bollettino Diaz del 4 novembre 1918 una volta collocata nella Loggia del Museo della Battaglia

Durante questo tragico anno non ci fu praticamente giorno in cui non si sentirono tuonare a distanza i cannoni nelle zone occupate ed in alcune occasioni delle bombe colpirono anche la città.

I bombardamenti erano il triste e inevitabile sottofondo che accompagnava la quotidianità della gente.

Fu alle 3:00 del 24 ottobre 1918 esattamente un anno dopo Caporetto che l’esercito italiano sferrò l’offensiva finale sul Piave: la battaglia di Vittorio Veneto era iniziata.

Alcuni giorni dopo gli austriaci si preparavano ad abbondare le terre invase: un via vai di ufficiali, soldati, carri si muovevano freneticamente per le strade di Vittorio, questa volta per preparare la ritirata.  Così come erano arrivati, se ne andarono.

Il 30 ottobre verso le 9.00 quattro Lancieri di Firenze a cavallo entrarono a Vittorio accolti in piazza della Cattedrale dal vescovo Beccegato. L’incubo era finito, Vittorio era libera, la fine della guerra si avvicinava.

Il 3 novembre la Cavalleria italiana entrava in Trento, i Bersaglieri a Trieste. A Villa Giusti a Padova alle ore 18.00 veniva firmato l’armistizio, con validità dal giorno successivo. La guerra per l’Italia era finita.

Bibliografia

Aerocampi austro-tedeschi sul fronte del Piave : novembre 1917-ottobre 1918 / Innocente Azzalini, Dino Uliana, Giorgio Visentin, Vittorio Veneto : D. De Bastiani, [2008]

L'anno di Vittorio Veneto : 1917-1918/ Isidoro Tomasin. - 2. ed, Padova : Rebellato, 1966

Dal Piave al Mito.  Museo della Battaglia di Vittorio Veneto/ Autori vari. Villorba:Imoco, 2016

Diario di guerra 1917-18 : l'anno dell'invasione nemica nel Vittoriese nelle memorie inedite di monsignor Emilio Di Ceva / raccolte e coordinate da monsignor Basilio Sartori, \Vittorio Veneto! : Sinistra Piave, 1992

Diario personale : dai dì della sconfitta, all'alba della vittoria : (ottobre 1917- luglio 1918), Vittorio Veneto / Francesco Sartori, Vittorio Veneto : Comune, 2009

La ferrovia austriaca Sacile - Vittorio e le altre occasioni perdute: dicembre 1918 / Innocente Azzalini, Giorgio Visentin, Vittorio Veneto : D. De Bastiani, [2007]

La Grande guerra e la memoria nel Museo della Battaglia di Vittorio Veneto / [a cura di Sintesi&Cultura ; cura editoriale e redazione testi: Patrizia Dal Zotto, Maria Cavasin, Silvia Bevilacqua], Vittorio Veneto : Kellermann, [2008]

Una guerra di molte vite: percorso didattico basato sui materiali dell’Archvio del Museo della Battaglia/Alex Da Fre. 2016 (Opuscolo)

L’invasione di Vittorio Veneto 1917-1918 Renata del Sal (Tesi di laurea)

L' invasione tedesca e la battaglia di Vittorio : appendice alla storia di Ceneda / Camillo Fassetta, Vittorio [Veneto] : Arti grafiche Longo e Zoppelli, 1923

Il Museo della Battaglia racconta…. Dvd 2016

Vittorio occupata : novembre 1917 - ottobre 1918 / Innocente Azzalini, Giorgio Visentin, Vittorio Veneto : D. De Bastiani, 2012

Vittorio Veneto nel 70° della Vittoria : i servizi di posta militare e feldpost negli anni dell'invasione (1917-18) / Eugenio Tranchini, Treviso : Istituto di vigilanza Compiano, stampa 1988

TORNA A PAG. 1   PAG. 2